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Intolleranze alimentari

Intolleranze alimentari

Ciò che è un buon cibo per alcuni, rappresenta un veleno per altri

Lucrezio

Le intolleranze alimentari fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti come REAZIONI AVVERSE AL CIBO: condizioni cioè che determinano una sofferenza dell’organismo a seguito dell’ingestione di un determinato cibo.

Le REAZIONI AVVERSE AL CIBO possono avvenire con numerosi meccanismi, dare quadri clinici molto diversi tra loro e richiedere un approccio terapeutico differente. Costituiscono una delle aree più controverse della medicina: ci sono infatti differenze di opinione su come classificarle, sulla loro incidenza e sull’utilità o meno di molti test diagnostici proposti da vari autori.

Le reazioni più conosciute e anche più pericolose (ma meno frequenti) sono le ALLERGIE ALIMENTARI.

Le allergie alimentari sono causate da una anomala reazione immunologica mediata da anticorpi IgE; sono dovute principalmente ad alimenti come latte, uova, pesci, frutta secca, soia e provocano disturbi diversi come orticaria, sintomi respiratori e gastrointestinali, angioedema, ecc.

La caratteristica fondamentale delle allergie alimentari è l’immediatezza della loro insorgenza: i sintomi insorgono a breve distanza dall’assunzione del cibo (da pochi minuti a poche ore) e sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono.

Da non dimenticare le reazioni crociate polline/alimenti: un soggetto allergico ad un polline può avere gli stessi disturbi allergici mangiando un alimento che contiene la stessa proteina o molto simile presente nella pianta (esempio betulla e pesca).

Esiste poi il grande capitolo delle INTOLLERANZE ALIMENTARI che si differenzia dalle allergie alimentari per molti aspetti; è un capitolo molto vasto, molto complesso e in continua evoluzione.

Le intolleranze alimentari si manifestano con disturbi prevalentemente gastrointestinali (reflusso gastroesofageo, meteorismo, diarrea, digestione lenta) ma anche sistemici (stanchezza, ritenzione idrica, cefalea, aumento di peso) e si verificano di solito in modo più lento e subdolo nel tempo.

In base ai diversi meccanismi coinvolti si distinguono:

INTOLLERANZE ENZIMATICHE per incapacità (di solito congenita) di metabolizzare alcuni alimenti: esempio intolleranza al lattosio, favismo, ecc.

INTOLLERANZE FARMACOLOGICHE (o PESUDO-ALLERGIE ALIMENTARI) si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinate molecole presenti in alcuni cibi come per esempio le amine vasoattive (istamina, tiramina contenuti in alcuni formaggi, vino rosso, ecc.), la caffeina (che può dare ansia, eccitabilità) e l’alcol etilico (che può dare calore e rossore alla pelle, abbassamento della pressione).

REAZIONI TOSSICHE (LE INTOSSICAZIONI ALIMENTARI), che dipendono dalla dose di una determinata sostanza nociva ingerita: sostanze chimiche di sintesi aggiunte agli alimenti (additivi, insetticidi, erbicidi, ecc.) o sostanze naturali presenti negli alimenti (micotossine, ecc.) oppure possono essere causate da processi industriali di lavorazione errati (es. botulino).

ALTRE INTOLLERANZE: sono il gruppo molto più frequente che quotidianamente capitano alla mia osservazione. Mi riferisco ai tantissimi pazienti che si sono accorti di avere disturbi vari (meteorismo, diarrea, cefalea, difficoltà a digerire, aumenti ingiustificati di peso, ritenzione idrica) mangiando determinati alimenti: più frequentemente latte e derivati, grano, cibi lievitati.

Non sono ben chiari i meccanismi alla base di queste intolleranze; sono state avanzate tante ipotesi tra le quali:

  1. cattiva qualità del cibo: cibi modificati nel tempo (per esempio il grano di oggi che contiene una maggiore quantità di glutine) e/o cibi prodotti utilizzando massicce quantità di sostanze chimiche potenzialmente nocive (pesticidi, antibiotici…); cibi preparati male (cibi lievitati velocemente, come per esempio la pizza);
  2. cibi che vengono assunti con una notevole frequenza: pensiamo a quanti alimenti composti con la farina di grano mangiamo ogni giorno: pasta, pane, pizza, biscotti, ecc.;
  3. produzione di citochine che producono uno stato di infiammazione cronica dell’organismo (infiammazione da alimenti, che a sua volta favorisce una maggiore sensibilità ai cibi);
  4. disbiosi intestinale con relativa leak gut symdrome ovvero un’insolita permeabilità della parete intestinale dalla quale come un “colino” permeano le sostanze  alimentari non completamente digerite;
  5. cattiva digestione degli alimenti non solo per carenza di un enzima specifico (come la lattasi per l’intolleranza al lattosio) ma anche per altri motivi: voracità nel mangiare, stressdisbiosi, abuso di farmaci (in particolare quelli per reflusso/gastrite/ulcera), calcoli della colecisti;
  6. attivazione sregolata del sistema immunitario: da sostanze più o meno tossiche alimentari, ambientali e da agenti microbici ambientali o endogeni (esagerata crescita di batteri intestinali);
  7. la sostituzione dell’allattamento al seno con latti artificiali, che influenza il tipo di microbiota del neonato.

Una forma particolare di reaziona avversa al cibo è la celiachia.

Da qualche anno è stata riconosciuta una nuova forma di “intolleranza alimentare” che è la Sensibilità al glutine.

DIAGNOSI

Una buona anamnesi condotta da un esperto in nutrizione è la cosa più importante;  bisogna indagare i sintomi che vengono riferiti dal paziente, il tempo che intercorre tra l’ingestione e la manifestazione clinica, se ci sono stati segni o sintomi analoghi in altre situazioni, e cosi via.

E’ importante escludere le varie e diverse situazioni (allergia, intolleranze, ecc.) con esami del sangue e/o delle feci e il ricorso ad eventuali altri professionisti (come l’allergologo nel caso di sospetta allergia alimentare).

Essendo le intolleranze alimentari prodotte da numerose cause di svariata natura,  non esiste a tutt’oggi un test che possa essere esaustivo nel suo responso, visto che ogni test considera un solo meccanismo d’azione.

TERAPIA

E’ molto complessa e richiede il supporto di un professionista esperto. Bisogna evitare di fare autodiagnosi o di sottoporsi a test di diagnosi improvvisati o proposti da persone non qualificate.

Può essere necessario ridurre o sospendere completamente l’assunzione di determinati alimenti, da reintrodurre in una seconda fase, stando attenti ad evitare carenze nutrizionali.

E’ importante sottolineare che l’eliminazione di alcuni alimenti (come spesso vedo fare) senza curare le cause sottostanti l’intolleranza, darà solo benefici parziali e/o temporanei creando confusione e insoddisfazione del paziente per gli scarsi risultati ottenuti.

 

dott. Vito Causarano
Medico chirurgo
Specialista in Medicina Interna

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